venerdì 27 novembre 2015

Zampette in Cafè Littéraire

Avere un gatto accanto è l'unico modo tollerabile di esser soli, in due.
-Gianna Manzini-


Ho pensato tanto al post di oggi. Ho girato, rigirato e cercato per giorni, ma nulla!
Niente! Non riuscivo a fare altro che focalizzare la mia mente su un solo argomento. La persona che sto aspettando con ansia innanzitutto è una mamma, quindi per antonomasia una donna "accogliente". C'è bisogno poi di sottolineare che il suo animo è impregnato di amore felino... ed era proprio questa l'immagine che continuava a rimbalzare tra i miei pensieri. E' stato come se le "piccole me interne" (Gioia, Disgusto, Paura, Rabbia e Tristezza) premessero affinché io necessariamente abbinassi a questa donna splendida qualcosa che avesse a che fare con il mondo dei gatti!
E così Gioia è balzata in piedi e sorridendo mi ha spronato a farlo.
Disgusto ha cominciato la sua arringa imponendomi questo felino abbinamento altrimenti mi avrebbe ricordato per almeno una settimana qualcosa di sgradevole.
Paura s'è nascosta perché da pessimista quale è, aveva immaginato che tutto sarebbe andato a rotoli se non avessi fatto la scelta più giusta.
Rabbia mi ha mostrato il pugno, minacciandomi.
Infine Tristezza mi ha dato la spinta finale che mi ha permesso di andare avanti, mostrandomi un possibile futuro se avessi percorso la via sbagliata.
Quanto è difficile comunicare con se stessi? Quanto è complesso capirsi ed accordare ogni minima parte di sé totalmente? Eppure quando il pensiero è predominante, diviene pressoché inutile combattere una certezza. L'accordo è univoco e la soddisfazione di non avere dubbi è così alta che anche l'autostima aumenta esponenzialmente.
Così è stato per Laura. Nessun tentennamento, alcuna insicurezza. Io ho sempre saputo di cosa avrei parlato e a cosa avrei abbinato la donna che mi fa compagnia oggi. L'empatia per i nostri amici felidi ci accomuna più d'ogni altra cosa, quindi non ho dovuto far altro che scegliere una citazione del cuore, lasciare che tutte le "piccole me" si mettessero comode e si prendessero per mano e godermi l'incontro con lei!
Spero porti anche Marvin e Nerello che troveranno giusta accoglienza da parte delle mie batuffole... perché no anche il cucciolo Pietro, che non ho dubbi riuscirà ad apprezzare più di tutti il frammento che ho deciso di proporvi oggi.
Tratto dal film d'animazione Inside Out vi regalo oggi - ebbene sì, non ci crederete mai! - i titoli di coda!
Non sto scherzando... son proprio i titoli di coda! 
Chi ha avuto il piacere di farne visione già sa a cosa mi riferisco, chi invece non ha la più pallida idea di cosa sto parlando, potrà averne infarinatura godendosi questo minuto abbondante di sorrisi. Sì, perché è facile accordare tutti i "se stessi interni", ma guardarlo animato diventa esilarante! Una chicca per la mia Laura è l'ultimo sketch: quello del gatto!
Prima della visione però, non perdetevi la bontà che la mia ospite mi ha portato oggi... quindi tutti di corsa su Zampette in Pasta!







venerdì 30 ottobre 2015

My Cafè Littérarium

Gli amici ti conosceranno meglio nel primo minuto dell'incontro di quanto gli estranei possano conoscerti in mille anni.
-Richard Bach-

Oggi l'autunno mi ha fatto un regalo. Dopo un'intera notte di pioggia, stamattina è spuntato un pallido raggio di sole che ha riscaldato le foglie brillanti d'acqua e le strade bagnate. Nel primo pomeriggio poi, quella stessa luce è divenuta abbagliante prendendo vigore di ora in ora e accendendo i più intensi profumi di questa stagione. L'atmosfera è perfetta e la sala è pronta a ricevere la mia ospite di oggi. Anzi: i miei ospiti! Una cara amica, una batuffola pelosa dotata di baffi, coda e artigli ed un tartarughino dolce e tranquillo. Claudia, Zoe e Rughetto.
E a proposito di loro, voglio raccontarvi  una storia: la storia di una donna che improvvisamente ed incommensurabilmente ha abbracciato una vita nuova, lasciandosi stupire dall'amore che un felino può regalare. Il valore aggiunto nato dall'incontro con Zoe è stato immediato. La piccola trovatella ha fato breccia in tutti i cuori, conquistandosi di fatto un posticino nella sua nuova famiglia. E il bello nasce proprio dal fatto che la nostra Claudia mai e poi mai avrebbe pensato di lasciare entrare un gattino nella sua quotidianità. Invece adesso ne è irrimediabilmente innamorata! Queste sono le sorprese che accadono e che modificano l'andamento statico delle cose. Per questo motivo, a riprova di quanto io volessi puntare ad un corretto "abbinamento", vi propongo un frammento tratto da un romanzo moderno. La cugina americana di Francesca Segal scrive in maniera lineare e sincera di questo ostico argomento: l'inaspettato stravolgimento di una routinaria vita provocato dall'arrivo di un nuovo personaggio.
Un ciclone di rinnovata freschezza che nel caso della nostra Claudietta porta la felicità, ma nel caso del protagonista Adam... probabilmente qualcosa di diverso!
Lascerò che ognuno colga a proprio modo il senso di questo stralcio, invitando alla lettura di quel che per me è stata una storia ricca di denunce di una società forse troppo bigotta e di tentativi di venir via dalla conseguente vischiosa apparenza che ne deriva. Esattamente come un piccolo di tartaruga di proprio istinto punta alla scoperta della realtà più sincera verso il vasto oceano che sarà la sua vita!
Non perdetevi l'abbinamento speciale che in My Ricettarium sarà proposto a completamento di questo incontro tra amiche... e mentre assaggiate, accompagnatemi in questa storia!


Si alzò, con la bestiola infilata sotto il braccio come una borsetta. Mentre saliva le scale, innalzandosi sopra di lui, Ellie smise i panni della ragazza vulnerabile e tornò a essere la modella irraggiungibile che Adam aveva scorto in sinagoga - troppa pelle scoperta e due occhi svegli e perspicaci. Il maglione era scivolato giù scoprendo una spalla, e Adam non poteva ignorare le gambe nude all'altezza dei suoi occhi, la pelle vellutata appena segnata dai lunghi muscoli. Per un breve istante ebbe, chiaro e forte, l'impulso di allungare una mano e infilarla tra le cosce di Ellie.
Si ritrasse e distolse lo sguardo, imbarazzato, improvvisamente furibondo. Si era creduto immune a quello che in fin dei conti era soltanto un gretto telaio sotto cui si celavano ingranaggi ancora più gretti, e lo turbava scoprire di non esserlo. Non nutriva rispetto per lei, si disse, e questo avrebbe dovuto privarla di ogni attrattiva.
Ma, se era stato facile accantonare Ellie sul piano teorico, adesso che l'aveva davanti era tutto diverso. Il corpo di Adam aveva reagito alla sua vista, e quello che pensava di lei perdeva importanza perché in sua presenza gli era impossibile pensare. Prima di allora non gli era mai capitato niente di simile. Era patetico guardarla salire le scale. Compromettente.
Ellie si voltò. <<Aspetta, Adam, ho bisogno di parlarti. Torni presto?>>
<<Certo>> rispose lui, chiedendosi se lo avrebbe fatto davvero.

Francesca Segal, La cugina americana, pag. 36

venerdì 25 settembre 2015

Cafè Littéraire egoiste

Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita
-William Shackespeare-

Ho immaginato a lungo come sarebbe stato questo incontro. In fondo sono passati due mesi dall'ultimo appuntamento e il Cafè Littéraire riapre oggi i battenti accogliendo l'autunno ormai cominciato da qualche giorno.
Fuori il sole è ancora alto, ma ammetto che qualche nuvoletta all'orizzonte preannuncia pioggia. Nulla che però possa rovinare ciò che ho in serbo per la mia adorata omonima.
Lei possiede una qualità. Una piccola ampolla, dalla quale è possibile tirar fuori i desideri più ingenui, magari quelli più ricercati, così come quelli bizzarri. Lei regala sogni e lo fa con le mani... le mani e i colori. Attraverso quegli occhi curiosi e intelligenti il mondo acquisisce costrutto e intenzione, passa attraverso il cuore per raccogliere le sfumature d'emozione più belle e poi punta alle dita per venir fuori in decisi ma delicati tratti dalle connotazioni fanciullesche. Vere e fanciullesche.
Aspetto LaRobi incrociando le gambe sull'enorme divano color crema e pregustando già il frammento da me tanto amato che le leggerò. L'autrice dello stesso è una donna che non ha mancato nell'ultimo mese e mezzo, di regalarmi sensazioni inimmaginabili. Mi ha portato in alto incantandomi con sublimi storie d'amore, quindi giù nel profondo del mio essere invitandomi a proseguire la lettura. Quindi ha imbrigliato la mia mente ed il mio cuore costringendoli a sopportare atroci sofferenze e dettando di fatto l'umore che avrei vestito quel giorno.
Il merito di questo romanzo, dal quale traggo poche righe, è stato quello di convincermi che le tradizioni, i mondi, le persone, le infinite declinazioni della mente umana sono invalicabili. Ma la curiosità deve necessariamente avere la meglio sui tentativi e prevalere vincitrice.
Per il Cafè di oggi abbino l'inizio di tutto, il luogo dove comincia l'avventura fantastica della giovane Claire ad una donna inconsapevolmente così simile ad uno scrittore. La mia omonima è talmente brava a riportare su carta la vita quotidiana, che non si rende conto di quanto bella sia la storia che con i suoi disegni inventa. Che questo post possa diventarne bandiera, allora!
Vi lascio alla lettura di un pezzo tratto da Outlander - La straniera, primo fortunato capitolo di una saga ancora in divenire della bravissima Diana Gabaldon.
Voi però non perdete l'accostamento culinario di questo appuntamento su Le chat egoiste!!!


<<Che cosa c'è lassù?>> domandai, sbocconcellando un panino al prosciutto. <<Sembra un po' difficile da raggiungere, come posto per i picnic.>>
<<Cosa, quello?>> Mr. Crook gettò un'occhiata alla collinetta. <<E' Craigh na Dun, figliola. Volevo mostrargliela dopo mangiato.>>
<<Davvero? E ha qualcosa di speciale?>>
<<Oh, aye>>, rispose lui, senza darmi ulteriori spiegazioni, aggiungendo semplicemente che me ne sarei resa conto vedendola.
Nutrivo dubbi circa la sua capacità di arrampicarsi su per un sentiero così impervio, dubbi che tuttavia svanirono quando mi ritrovai ad arrancargli dietro ansimando. Alla fine Mr. Crook mi tese la mano nodosa e mi aiutò a superare l'ultimo ostacolo.
<<Ecco qua.>> Agitò la mano con un gesto da proprietario.
<<Accidenti, sembra proprio una Stonehenge in miniatura!>> esclamai incantata.

In realtà erano quasi le undici, quando raggiunsi il cerchio di pietre il mattino dopo. Piovigginava e io ero bagnata fradicia, non avendo pensato a portarmi dietro un impermeabile. [...]
La pietra più alta del cerchio aveva al centro una spaccatura verticale che la divideva in due massicci pezzi, i quali erano stranamente stati scostati in qualche modo. Benché evidentemente combaciassero, le due superfici erano separate da un interstizio di quasi un metro.
Udii un profondo ronzio proveniente da un punto lì vicino. Pensando che forse c'era un alveare in qualche fenditura della roccia, appoggiai la mano alla pietra per guardare meglio.
La pietra urlò.
Indietreggiai di scatto, così in fretta che inciampai in una zolla erbosa e caddi a terra sbattendo il sedere. Fissai il macigno, in un bagno di sudore.
Non avevo mai udito un suono simile provenire da una creatura vivente. Non so descriverlo, se non dicendo che è il genere di suono che uno si aspetta da una pietra. Fu orribile.
Scossi la testa con violenza come per schiarirmi la mente, ma i suoni continuarono. Mi tirai su e barcollai verso il bordo del cerchio. Ora ero circondata dai rumori, che mi facevano girare la testa dolorante. Mi si annebbiò la vista.
Ora non so più se mi diressi volontariamente verso la fenditura della pietra principale o se mi ci trovai per caso, come una cieca che brancoli nella nebbia. [...]
Diciamo che era come se girassi vorticosamente su me stessa, o se venissi rovesciata come un guanto: tutte le sensazioni che provai benché non descrivano appieno il senso di devastazione che sentii, quasi venissi violentemente sbattuta contro qualcosa che non c'era.
La verità è che niente si muoveva, niente cambiava, e a quanto pare non succedeva assolutamente niente, eppure fui invasa da un terrore così puro che persi completamente la cognizione di chi, di che cosa o di dove io fossi. Ero nel bel mezzo del caos, e nessuna forza della mente o del corpo mi sarebbe servita a contrastarlo.

Diana Gabaldon, Outlander - La straniera, pagg. 32-33 e pagg. 54-55

venerdì 7 agosto 2015

Vice


Avete mai desiderato qualcosa che è fuori dalla vostra portata, un'esperienza che non potreste mai fare nella vita reale? Immaginate un luogo dove non ci sono leggi, senza regole, nessuna conseguenza, dove gli unici limiti sono quelli della vostra immaginazione. Benvenuti a Vice, una realtà migliore. Un mondo di infinite possibilità, un paradiso utopico, dove potete avere o fare tutto quello che volete. Julian Michaels (Bruce Willis)

Mi ero creata numerose aspettative riguardo questo film. Sarà che Bruce Willis ha sempre soggettivamente incarnato lo stereotipo del bravo attore, ad occhi chiusi mi sono semplicemente affidata all'istinto e a due righe di trama lette in internet al volo! E ho fatto male, dato che ne sono rimasta ampiamente delusa.
Vice è un film di fantascienza del 2015, diretto da Brian A. Miller, interpretato da Bruce Willis, Thomas Jane e Ambyr Childers e distribuito da Lionsgate. Ma vediamo la trama.
Vice ("Vizio") è un resort nel quale è possibile, dietro lauto pagamento, vivere ogni qualsivoglia esperienza portata all'estremo e comprendente anche l'assassinio come ultima azione concessa. C'è quindi chi cerca solo del sesso, così come c'è lo stupratore che paga per picchiare e violentare donne, c'è chi vuol giocare ad impersonare uno spietato ladro di banche pronto a fare una carneficina di chiunque gli capiti a tiro e c'è lo strafottente riccone che si diverte a togliere la vita delle donne che lo rifiutano. In questo resort è possibile farlo perché coloro che pagano per queste esperienze sono circondati in realtà da androidi umanizzati, gli Artificials. Queste "macchine" hanno in tutto e per tutto sembianze umane e per l'intero periodo in cui svolgono il loro ruolo riescono anche a provare emozioni reali. Naturalmente commettere reati su di loro non ha effetti sul mondo reale, non si può venir perseguiti per avere ucciso un androide, quindi chiunque voglia fare questa esperienza non fa altro che prenotare un posto al resort Vice.

Roy, interpretato da Thomas Jane, è un poliziotto che non vede di buon occhio questo luogo di perdizione, perché sostiene che venire a contatto con questa brutalità per un essere umano che non ne ha mai commessa, non fa altro che sviluppare violenza anche quando si ritornerà nel mondo reale.
Kelly, interpretata da Ambyr Childers, è invece un'Artificial che a seguito di un bug scatenato dall'ultimo suo molestatore, non verrà completamente resettata e tornerà a ricordare tutta la violenza subita come androide. Riuscirà a scappare dalla struttura, entrando nel mondo reale e venendo a conoscenza della propria situazione "non umana".
Julian Michaels, interpretato da Bruce Willis, è direttore e proprietario del resort Vice e cercherà in tutti modi, leali e non, di catturare Kelly per impedire che la stessa possa mettere in pericolo la struttura. Contemporaneamente terrà gli occhi puntati su Roy per impedirgli di arrivare per primo alla ragazza.
Gli intrecci sono superficiali, complessivamente la trama si perde in una nuvola di fumo. Willis non è convincente, gli altri due attori protagonisti non hanno il carisma che meriterebbero i soggetti descritti. Ho trovato questo film pesante e banale, con un enorme potenziale iniziale, persosi facilmente nel grigiore dell'ambientazione e nelle intenzioni sbagliate di tutti i personaggi. L'epilogo è di una banalità sconvolgente che non spiega, non termina, non sazia. Ho fatto fatica a rimanere sveglia, nonostante le numerose scene d'azione forzata. E questo dovrebbe lasciare intendere l'intero mio pensiero a riguardo.
Peccato, speravo in una serata piacevole e invece...

venerdì 31 luglio 2015

Cafè Littéraire della zia

Anche l'idea è nutrimento.
- Victor Hugo -

Estate torrida e afosa, calda, appiccicaticcia.
Le membra chiedono un po' di refrigerio e sono alla continua ricerca di un filo d'aria che rimetta in sesto tutto. Rigenerante aria fresca che inutilmente attesa reclama. Smettere di muoversi perché ogni piccolo cambiamento provoca surriscaldamento negli arti, sulla pelle-sotto pelle. Così decido di restare ferma, immobile in questa stanza dal pavimento di vetro aspettando tempi migliori. Pigio un pulsante su un telecomando in modo da avviare le tende, che automaticamente coprono le lucidissime vetrate perimetrali. La stanza cade nella penombra. Alcuni libri sono sparpagliati qui in giro, alcuni aperti, altri impilati uno sull'altro. Ho sete e voglia di qualcosa di buono, ma fa troppo caldo per alzarmi. Ho paura di aver dimenticato qualcosa, una sensazione strana mi avvince. Sgrano gli occhi, poi li stringo a fessura per cercare di ricordare. Nulla. Il caldo ha cancellato anche le ultime forze. Pensare è faticoso e le idee sono terminate.
Il pomeriggio incalza e alcuni raggi di sole filtrano attraverso le tende. Non so quanto tempo sono rimasta stesa, ma d'un tratto un filo di luce punta il pendente che ho appoggiato sul petto e rifrangendosi su di esso devia il suo percorso fino ad un libro poco distante. Alzo piano la testa per valutarne l'effetto. E' molto bello ed affascina anche il mio corpo tramortito dalla calura, il quale decide di muoversi per raggiungere il testo scelto dal caso.
Che delusione! Non è quel che speravo! penso, poi mi volto e cerco ancora tra le moderne copertine ed i titoli esotici. Niente che riesca a rapirmi accattivante.
Eppure Consu ha bisogno di qualcosa di forte... continua il flusso ormai in caduta libera dei miei pensieri ...qualcosa di affascinante, ma ironico, di limpido e vero rifletto sul da farsi.
<<Questi libri non vanno bene!>> ora parlo da sola <<Lei è una donna d'azione. Una ne pensa...>> mi scopro a sorridere. Mentre porto avanti le mie elucubrazioni mentali, alzo la testa verso l'alto a cercare nuovi spunti. Sbadata inciampo sul telecomando di prima ed involontariamente avvio lo schermo tv appeso sulla parete di fronte al divano. Parte un sottofondo d'ambiente, sembra il rumore del vento. C'è solo l'audio, prendo quindi il telecomando e faccio per avviare il video. In attesa con il cuore in gola spero che il caso mi aiuti e mi regali lo spunto giusto da abbinare alla mia ospite.
<<Oh, sì! Ecco cosa preparerò per lei oggi!>> sembro una bambina a cui è stato regalato un cono gelato <<Gelato... ssssìììì!>> Ok, no! Sto divagando! <<Cavolo, è tardissimo!>> urlo alla fine, tentando di recuperare un po' della dignità persa tra pensieri e parole fuori contesto.
Consuelo sta arrivando e sono certa sarà impeccabile come al solito. E' energica, spiritosa, cordiale e pronta a mettersi sempre in gioco. So che coglierà l'ironia del mio abbinamento e spero ne sia entusiasta... ok, ok, non sono stata del tutto sincera! Non vedo l'ora di sapere quale leccornia avrà portato! Sì, è anche questo il motivo: Consu ha il profumo del pane e il sapore del cioccolato! E sta arrivando! Corro a darmi una rinfrescata giusto in tempo per accoglierla. Oggi riderò tanto e non vedo l'ora!
Restate con me? Per voi l'impossibile scalata di Ethan Hunt (agente segreto impersonato da Tom Cruise nel film "Mission: Impossible - Protocollo Fantasma") del Burj Khalifa di Dubai. Dopo però, tutti un giro da Consu per vedere cosa ci ha preparato!


sabato 18 luglio 2015

The Book of Life (il Libro della Vita)

Ho avuto il piacere di vedere questo film in anteprima lo scorso dicembre, durante un volo di ritorno in Italia dagli Stati Uniti. Ebbene sì, la compagnia aerea che mi ha ospitato aveva una videoteca ben fornita e dato che non sarei atterrata prima di 8 ore, ho ben pensato di affidarmi all'istinto, sperando di riempire piacevolmente almeno un tratto del viaggio. E così è stato!
Ma partiamo da principio.
The Book of Life (il Libro della Vita) è un film d'animazione del 2014 diretto ed anche sceneggiato da Jorge R. Guitierrez. In Italia esce nelle sale il 28 maggio 2015 distribuito dalla 20th Century Fox.
E dopo i dati essenziali veniamo alla trama.
Un gruppetto di scolaretti scalmanati viene mandato in gita ad un museo, una gita che si prospetterà parecchio noiosa proprio perché punitiva. Una giovane donna li accoglie all'ingresso, ma invece di guidarli verso la scalinata che li avrebbe condotti all'entrata principale, li accompagna verso un ingresso laterale accendendo in loro la fiammella della curiosità. La storia parte da qui ed esattamente quando la donna mostra ai ragazzi il Libro della Vita adagiato su un piedistallo nella sala dedicata alla cultura messicana. Comincia quindi a raccontarne gli intrecci. In Messico durante il Giorno dei Morti è tradizione andare alle tombe dei propri cari e portare doni, festeggiare, cantare e ballare in loro onore. La credenza è quella che il regno dei morti sia diviso in due mondi: la Terra dei Ricordati nella quale regna sovrana La Muerte dipinta come una donna assai magnanima e affascinante, e la Terra dei Dimenticati, governata da Xibalba il regnante meschino e doppiogiochista. Con gli occhi puntati sulla terra dei vivi i due regnanti, osservando con interesse tre bambini, Manolo, Joaquinn e Maria e l'interesse dei due ragazzi per Maria, decidono di fare una scommessa. Quale dei due riuscirà a conquistare il cuore della bella fanciulla. La Muerte scommette su Manolo dall'animo romantico, il più giovane della famiglia Sanchez, il quale sembra avere la carriera da torero già designata dal padre, ma che in cuore sa di voler diventare un cantante. Xibalba scommette invece sul prode Joaquinn dall'animo fiero, figlio dell'eroe della città e degno successore del coraggioso padre. Se la scommessa verrà vinta da Xibalba, l'altra acconsentirà a cedere il regno della Terra dei Ricordati in cambio di quella dei Dimenticati. In caso di vittoria de La Muerte, allora Xibalba si impegnerà a non intromettersi più nella vita dei mortali.
La trama si intreccia raccontando dell'amore di Manolo e Joaquinn per la bella Maria, ma anche mostrando la crescita dei tre giovani fino all'età adulta. Tra colpi di scena e colpi bassi si svilupperanno varie tematiche, sarà facile innamorarsi dei personaggi, ma anche di questa fantomatica Terra dei Ricordati della quale si ha uno scorcio davvero piacevole durante la storia.
I vividi colori che accompagnano l'ambientazione e i minuziosi dettagli che comporranno luoghi e i personaggi fanno di questo film un'esplosione di vita. Gli occhi dello spettatore si riempiono di luce ed è ben chiaro l'intento di portare avanti la bella tradizione messicana di innalzare i propri morti festeggiandoli da sera a dì con balli e canti felici.
Nonostante l'epilogo forse prevedibile - che non manca di lasciare un bel sorriso poco prima della chiusura - sento di consigliare questo film a tutti coloro che vogliono passare una serata piacevole e senza troppi pensieri.

giovedì 16 luglio 2015

Seta

Intraprendere la strada della opinione condivisa è un vero e proprio atto di fede. Ma prima di dipanare un pensiero e di avviarmi nei meandri del libro di cui mi piacerebbe parlare oggi, è giusto che una domanda nasca spontanea: il mondo ha davvero bisogno di questa ennesima condivisione di pensieri non richiesti nati dalla spinta e dalla foga del momento, dal periodo storico personale del recensore, dal bagaglio culturale dello stesso?
La risposta è lapalissiana.
No, il mondo non ha bisogno di un nuovo spazio riempito con parole insulse, fuori luogo ed estremamente soggettive. Tanto meno delle mie. Recensire un libro non vuol dire soltanto "lasciare le proprie impressioni scritte affinché altri possano giovarne", ma vuol dire anche "lasciare aperto un varco attraverso il quale si può venir feriti e attaccati dal chicchessia di turno". Condivisione è anche questo: il coraggio di riuscire a dire la propria accettando che non tutti potranno concordarne e che anzi, molto probabilmente, c'è chi non aspetta altro che alzar la mano ed elevarsi a Bastian Contrario del momento. Va da sé che la scelta di intraprendere questa strada deve essere necessariamente ponderata, soprattutto da chi non ha mai avuto la volontà, o meglio, non ha mai dato la possibilità al chicchessia di cui si parlava poco più su, di giudicare un suo prodotto. Sto parlando di me, naturalmente.
All'inizio del post ho parlato di atto di fede. In questo contesto io lo intendo soprattutto verso me stessa. E' la fiducia che ad occhi chiusi do alla me-futura, la quale domani tornerà impietosa tra queste pagine e diventerà il più critico giudice. E' a lei che voglio scrivere ed è a lei che voglio rivolgermi, sapendo che dovrò darle conto per prima e alla me-passata dopo. E che la me-presente abbia pazienza e cerchi di rendersi giusta bilancia: questo è tutto ciò che mi auguro.

Dopo avere in un certo senso avuto la mia bella introduzione, mi accingo a scrivere due righe su Seta di Alessandro Baricco (edito da BUR Rizzoli). La scelta di questo libro per la tipologia di post che voglio pubblicare è stata sofferta. Non è l'ultimo che ho letto, né il primo. Questa recensione non vuole essere legata alle impressioni immediate nate da una fresca lettura, ma vuole profondamente incatenarsi ad un ricordo. La mia volontà è quella di unire indissolubilmente le sensazioni, gli stati d'animo e le emozioni nate dalla lettura, al periodo in cui questa si è compiuta.
Il libro (che non ho più a mie mani, poiché in uno slancio di eccessiva generosità è stato dato via) mi è stato regalato dieci anni or sono dalla persona alla quale ero sentimentalmente legata. Nella prima pagina, la dedica scritta a mano in un allusivo inchiostro rosso recitava "soltanto quando l'amore è negato la passione fatale può ardere". Preludio a quel che avrei letto o messaggio non così tanto subliminale? Solo molto dopo avrei inteso la portata di quella dedica, ma questa è un'altra storia!
Dicevo, Seta di Baricco. Protagonista è Hervé Joncour, un commerciante di seta il quale, spinto da un coraggio non propriamente spontaneo, decide di intraprendere il lungo viaggio fino in Giappone necessario ad acquistare uova sane di bachi da seta. Necessità nata dal fatto che le uova dei bachi francesi per primi, quindi europei ed africani sono state colpite da un'epidemia. C'è una moglie, Hélène, che aspetta, c'è Baldaboiu che supporta, spinge e coinvolge il protagonista, c'è l'autoritario Hara Kei ad incutere una necessaria reverenza nei confronti del lettore e c'è una ragazza misteriosa i cui occhi sanno dire molto più d'ogni altra parola. La linearità degli accadimenti è disarmante, così come la loro chiarezza. Seta non è solo un filo conduttore, ma anche la "lente" attraverso la quale è possibile sentire il romanzo. La delicata leggiadria con cui vengono accolti i fatti è l'emozione stessa che si vuole suscitare nel lettore. Io almeno, porto questo ricordo (im)palpabile, che c'è e non c'è del tutto. E' mutevole come un velo al vento, leggero e soave come una piccola storia deve essere. Ma abbastanza potente da suscitare un tremito inatteso.
L'autore è controverso, io stessa non ho ben delineato un pensiero a riguardo. Ho letto poco e male ciò che viene detto di lui, né me ne sono mai seriamente interessata. Apprezzo l'abilità che ha di giocare con i ritmi e le parole, stimo la sua peculiare logica e nel complesso la mia predisposizione a suoi lavori è positiva. Mi sento di consigliare questa lettura non solo perché soggettivamente apprezzata in un periodo della vita in cui sentivo forte l'esigenza di provare passioni forti, ma anche perché oggettivamente ne ho provate durante la stessa! E non l'avrei creduto possibile.

venerdì 26 giugno 2015

Cafè Littéraire alla panna

Quando piove divido il mio ombrello, se non ho l’ombrello, divido la pioggia.
- Enrique Ernesto Febbraro -



Condivisione.
La prima parola che sale immediatamente a galla nel mare della memoria quando penso a lei.
Condivisione che porta alla necessaria riflessione come motore di infiniti pensieri che crescono e si intrecciano, creando stupefacenti arzigogoli. Come una pianta rampicante abitata da fiori curiosi e foglie allegre che, aggrappandosi alla struttura romboidale della mente, la abbellisce, arricchendola.
Ospitando Silvia non avrei voluto pubblicare una foto in bianco e nero.
Ho per giorni immaginato tanto colore, sorrisi instancabili e contorni definiti. Lei ha scelto una stanza che chiama a gran voce tanta allegria, multicromatici pouf, tappeti accoglienti e sgargianti, tanta luce arancio-giallo-pesca e un'infinità di oggettini impensabili dalle forme impossibili! Una stanza divertente, insomma! Nulla di ciò che avevo pianificato è però poi stato.
Una fotografia seriosa, sincera e anche un po' meditativa mi ha catturato definitivamente, mandando in fumo tutti i programmi fatti. Sono semplici libri, disposti in un modo che appare casuale, i quali hanno però un'anima che invita alla riflessione.
Think, ci dicono. Libri che ci chiedono di pensare.
Ed aprire le porte di questo nuovo Cafè accogliendo una donna con una tale profondità m'è sembrato poetico! Abbinarle un frammento tratto da Balla coi lupi di Michael Blake è stata praticamente una scelta obbligata! L'intesa può nascere anche tra uomo e animale, dunque. Il concetto di cui parlavo all'inizio possiede quindi un linguaggio universale... qualcuno da qualche parte ha anche detto che "la felicità è reale solo quando condivisa"! Tutto torna, no?
Silvia tra l'altro, si presta bene a questa tipologia di confronti e l'incontro con lei quest'oggi, così come il primo incontro avvenuto con lei qualche mese fa, è morbido e croccante insieme. Non ci credete? Eppure lei è riuscita a creare questo connubio non solo a parole, ma anche con le sue manine. Crème brûlée per tutti, una "coccola alla panna" che ci sta proprio bene!


"Per tutta la sua vita era stato desideroso di partecipare e, come per ogni altro esser umano, la solitudine era qualcosa che doveva essere costantemente affrontata. Nel caso del tenente, la solitudine era diventata la caratteristica dominante della sua vita, così fu rassicurante vedere la sagoma di Due Calzini spuntare da sotto il riparo a tenda quando arrivò al forte, al crepuscolo.
Il lupo trotterellò sullo spiazzo e si mise seduto a osservare mentre il tenente scendeva da cavallo.
Dunbar notò subito che per terra, sotto la tenda c'era qualcos'altro. Era un volatile, un grosso tetraone delle praterie. Era morto e quando Dunbar si chinò ad osservarlo, notò che era stato ucciso da poco. Il sangue sul collo era ancora appiccicoso. Ma a parte i segni di qualcosa di appuntito che gli aveva forato la gola, il volatile non aveva niente fuori posto, nemmeno una piuma. Era un enigma per il quale non vi era che una soluzione e il tenente guardò esplicitamente Due Calzini.
<<E' tuo?>> disse a voce alta.
Il lupo alzò gli occhi e batté le palpebre, mentre il tenente Dunbar esaminava ancora il volatile.
<<Bene, allora>>, disse scrollando le spalle, <<immagino che sia nostro>>."

Da Balla coi Lupi, pag. 161, di Michael Blake

martedì 26 maggio 2015

Realtà di fatto

<<Ah, sì? Sapete allora io che faccio?>> riprende improvvisamente An <<Mi butto!>> e dopo essersi tolta le scarpe e aver fatto un respiro profondo, si tuffa nell'acqua cobalto.
Le altre non riescono a credere ai propri occhi. La loro compagna riemerge, si sposta i capelli fradici dal viso e ride di gusto, sventolando le braccia invitando le sue amiche a seguirla. Elena non vuole bagnarsi, quindi si ritrae immediatamente, chiede alle altre di recuperare la nuotatrice mentre ispeziona ancora le pareti circostanti. Valeria è tentata di buttarsi e per un attimo godersi quella grotta fiabesca, ma si rende conto che a nuoto non sarebbero riuscite ad arrivare così lontano; in più non avrebbe saputo come asciugarsi. Vanessa invece senza troppi scrupoli entra nell'acqua e bagnandosi quasi fino alla vita tira per le orecchie la prima, che come una bambina nel frattempo gioca con gli schizzi d'acqua.
<<Ehi! Mi stavo divertendo!>> risponde risentita An, che proprio non aveva voglia di uscire.
<<Sei matta?>> le urla Vanessa <<Non sappiamo dove siamo, non sappiamo come uscire e tu vai a farti una nuotata?>> ora è arrabbiata.
<<Ok, ok... ma calmati! Non so spiegarti, ma è come se non avessi potuto farne a meno!>> risponde quasi indifferente An <<Va bene! Cerchiamo un'altra via d'uscita. Niente acqua, prometto... anche se a me l'invito è proprio arrivato "via acqua"!>> conclude.
Le giovani si incamminano e intanto Valeria, curiosa come un gatto, chiede ad An la storia dell'invito.

"Un pungente profumo di violette e tarassaco riempie l'aria tersa mentre alcune farfalle volano libere rincorrendosi e danzando, la rugiada bagna gli abiti e il sole è ancora pallido. An, stesa sotto un'enorme quercia, è impegnata a legger di prodi cavalieri e dolci dame, di fiere amicizie ritrovate e avventure fantastiche dall'epilogo sconvolgente. Da bambina non amava i libri senza immagini, ma crescendo ha imparato a stringere la mano alla propria fantasia e divertirsi assieme a lei.
Da qualche minuto però sente che le palpebre cominciano a farsi pesanti, non riesce a proseguire e voltar la pagina, che resta fissa sotto i suoi occhi. Legge e rilegge la stessa frase per tre volte senza comprenderne il senso, quando con la coda dell'occhio una fugace macchia bianca si sposta velocemente alla sua sinistra.
D'un tratto gli occhi sono vigili e aperti. An guarda verso quel che sembra un cane che fugge in lontananza. Chiude il libro con un tonfo e si gira completamente. Stringe le palpebre ad una fessura e si rende conto suo malgrado che quel cane (?) sta saltando! Si alza di scatto e senza pensarci comincia ad inseguirlo. Bastano poche falcate per raggiungerlo.
E' un coniglio! Un coniglio col panciotto e un orologio in mano!
Assurdo! Non può essere! dice tra sé. 
Si sfrega forte gli occhi, pizzicandosi poi la guancia a volersi convincere di non star sognando.
<<E' tardi! E' tardi ormai!>>  corre il coniglio.
Parla, perfino! pensa la giovane.
Intanto, lo strano personaggio continua la sua corsa saltellante dirigendosi nel fitto del bosco, sotto pini e abeti verde scuro. An sente la fremente curiosità nascerle in cuore, non resiste e lo segue come un'ombra lungo il sentiero pieno di siepi rigogliose.
Fruga, cerca, muove cespugli e rami bassi, ma del coniglio nemmeno l'ombra..."

<<Starai mica raccontandoci la storia di Alice nel paese delle meraviglie?>> domanda Elena interrompendo An.
<<Io... ehm... beh, diciamo che provavo ad alleggerire l'atmosfera!>> sorride An, colta in fallo. Notando poi le amiche corrucciate, si fa pratica <<Va bene, non sono Alice, ma giuro che ero davvero sotto un albero, provavo a leggere, nelle orecchie avevo l'Ipod e mentre andava Paranoid Android mi sono appisolata! Credo quindi di aver sognato. Poi la pioggia m'ha svegliata e una volta a casa, nel libro che portavo con me ho trovato la busta con l'invito!>> racconta d'un fiato <<Questa è la verità!>> chiude il discorso, come a scusarsi.
E' Vanessa a rompere il silenzio imbarazzato che si sente nell'aria. Richiama l'attenzione delle altre su un piccolo foro nella parete dal quale filtra una lama di luce. Si avvicina con cautela e prova a guardarci attraverso. Pochi secondi dopo grida <<Di qui si esce! Buttiamo giù queste pietre! Sta accadendo come nel sogno che invece ho fatto io quando ho ricevuto l'invito>> spiega eccitata.

"All'imbrunire di un giorno particolarmente lungo, le ombre delle case e degli alberi - soprattutto quelli più alti - si fanno lunghe e affusolate e a tratti ricordano lunghi capelli neri. Vanessa canticchia piano le parole di Just breathe, quando i suoi due bimbi - cui tiene stretta la mano - interrompono quel momento calmo. Mentre percorrono il sentiero che li avrebbe riportati alla Baita, le chiedono ancora la storia della volpe e del piccolo principe.
Vanessa non si lascia pregare e accorgendosi di un basso muretto di pietra da lì poco distante, decide di recitar loro la storia anziché raccontarla, questa volta.
Comincia dal melo! chiede il primo, No, no.. raccontaci dell'attesa! insiste il secondo. Così Vanessa, che intanto s'era nascosta dietro al muretto, si sorprende a ridere dei suoi bambini, spiandoli da un buchino nel muro. Non sapendo quale parte recitare, grida loro la frase più bella di tutto il libro. I suoi due principini non resistono e si lanciano in direzione della mamma per abbracciarla...
Mamma, mamma, svegliati! la scuote il primo Siamo arrivati! dice il secondo. Vanessa s'era addormentata mentre in auto tornavano a casa. Papà dice che sei una dormigliona! continua il furbetto Non è vero, papà dice che sei una super-dormigliona! scherza ora l'altro. Il papà si volta verso di loro e sorridendo le fa l'occhiolino. Lei fa per uscire dall'auto e prendendo per mano i suoi bimbi si avvia verso la porta di casa, controlla la posta e tra le varie proposte pubblicitarie scorge una busta rosa con il suo nome sopra. Il timbro è a forma di volpe."

Elena è una persona moderatamente razionale e non crede a queste cose, quindi fa spallucce, poi anche lei si toglie le scarpe e comincia a "martellare" il muro di pietre infilando astutamente il tacco nel foro per allargarlo. An la segue senza fiatare e con le mani tira via i sassi che vengono giù. Guardando l'amica affaticarsi per aprire il varco, Valeria le chiede invece il motivo di tanta foga.

<<Io davvero non vi capisco>> commenta Elena <<Sono arrabbiata perché mi sento presa in giro, sono tesa perché non so a cosa sto andando incontro e ho solo voglia di tornarmene a casa>>.
Mentre dice queste parole dà un'ultima martellata decisa al muro, che crolla giù come fatto di vetro, aprendo un varco abbastanza grande perché tutte riescano a passare.
In pochi istanti le quattro si portano dall'altra parte, consapevoli di trovarsi in piena... giungla? Foresta? Bosco? Guardandosi intorno non sanno bene come definire quel luogo.
Hanno tutte perso la parola, ignare del fatto che da lì a pochi secondi uno strano animale dal muso a papera e il corpo peloso gli si sarebbe avvicinato.
L'urlo è di An, seguito da quello spaccatimpani di Vanessa, che si porta dietro anche Valeria. Elena invece con nonchalance si avvicina allo strano animale e battendo forte le mani lo allontana, guardando le altre con immensa tenerezza. E' l'unica ora a ridere, s'è lasciata alle spalle la brutta sensazione e vuole solo ritrovare la strada per tornare alla sua macchina. Si fa spicciola e con pochi comandi dà direttive alle altre tre spiegando loro che sarebbe bastato seguire il perimetro del muro per ritornare al parcheggio.
Poi d'un tratto Vanessa fa notare:
<<Elena noi eravamo scese di qualche piano sotto terra... non so se ricordi! Beh, com'è possibile ritrovarsi nuovamente al "piano strada"?>> urlando le due ultime parole un po' troppo sonoramente.
Elena ci pensa su un attimo e poi con un sorriso sicuro fa spallucce, quindi le risponde:
<<Credo che l'edificio sia costruito in pendenza, è probabile quindi che l'ingresso fosse più in alto rispetto alla strada che abbiamo fatto noi dall'interno!>> ammicca <<Non c'è altra spiegazione plausibile! La realtà può essere solo questa!>> conclude sicura.
Ma è una domanda di An che gela il sangue di tutte.
<<E se questa non fosse la realtà?>>



Questo post prende spunto da un'idea di Miki Moz.
NOTA: I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi raccontati sono frutto della fantasia dell'autore, pertanto eventuali riferimenti a fatti e/o persone (laddove non specificato e se già in pertinenza richiesto agli interessati) è puramente casuale. Questo testo è di proprietà dell’autore ed è protetto dalla legge sul diritto d’autore n.633/1941 e successive modifiche. Come da disclaimer presente in "A piedi nudi nel Cafè Littéraire" ne è vietata ogni riproduzione, copia, pubblicazione o redistribuzione totale o parziale previa richiesta all'autore stesso.


lunedì 25 maggio 2015

Sogni, gufi, cannella e inviti

<<Io sono certa di aver visto un coniglio col panciotto>> si ostina Francesca P., ormai stanca di ripetere per l'ennesima volta quel che è successo subito prima di salvarsi dall'enorme orologio a cipolla.
Le quattro ragazze non riescono a credere a ciò che è accaduto e si convincono sempre più che scappar via da quel luogo sia la cosa più giusta da fare. C'è però un problema: sembra proprio si siano chiuse in una dispensa e la porta pare bloccata.
<<Proviamo a parlare d'altro? A me 'sta storia del coniglio mette l'ansia>> sussurra Michela, che subito dopo si lascia attrarre da una bottiglia impolverata.
Circondate da numerose varietà di vini e formaggi, strane conserve e diverse decine di cassette di legno piene di frutta profumata e verdura di stagione, decidono di fermarsi ed aspettare l'arrivo delle altre. Al momento quello sembra essere il luogo più sicuro in cui trovarsi. Così, mentre Manuela è china a cercar lo stivaletto perduto, Angela si sporge tra gli scaffali alla disperata ricerca di qualcosa. Francesca P. dopo qualche attimo di stordimento si siede sul pavimento di mattonelle allungando la mano verso una succosa mela rossa posata in una cesta lì vicino assieme a tante altre.
<<Ragazze, vi rendete conto che in questa stanza ci sono bottiglie di vino rarissimo?>> dice Michela, che un po' se ne intende.
<<...e non parliamo di formaggi e tartufi! Questo scaffale ne è pieno!>> aggiunge Angela tra incredulità e meraviglia.
Manuela, che era rimasta un po' in disparte, all'improvviso domanda:
<<A voi com'è arrivato l'invito a questo appuntamento? Il mio... beh... è stato inaspettato!>>
<<Io, io... vi dico a me com'è accaduto!>> sorride ora Francesca P.

"La luce è scivolata via in un batter d'occhio, il giorno è terminato, ma gli strascichi degli ultimi raggi di tramonto si fanno lunghi e con essi le ombre delle case.
La primavera è stata generosa, per questo motivo Francesca P. è ancora indaffarata nella sua cucina a tagliuzzare verdure d'ogni colore e profumo mentre One degli U2 si sente dolce in sottofondo. Leggera si muove tra i ripiani, canticchiando e assaggiando spezie. A labbra chiuse segue la musica imitandola, senza mai perdere una nota e - voltandosi verso il suo pacioso gatto color perla e avorio - sorride orgogliosa per quel nuovo piatto inventato. Ulisse, il gatto dagli occhi che sembrano disegnati, sbadiglia rumorosamente e decide ch'è ora di scender dal bancone per guadagnare una postazione più comoda. D'improvviso un rumore forte seguito da un frusciante battito d'ali avverte la padrona di casa che qualcuno (?) è appena entrato in casa. Ulisse alza le orecchie, mentre Tarallino è più sveglio e con un balzo corre verso la fonte di rumore, lasciando una scia di peli rossi dietro di sé.
Impugnando un cucchiaio di legno, Francesca P. si fa coraggio e si muove con circospezione verso il salotto. Pochi passi e l'immagine che le si para davanti le fa aprire la bocca dallo stupore. Un enorme gufo reale è evidentemente entrato dal camino e ora volteggia con difficoltà attorno al lampadario della stanza. Tarallino lo punta ed appena riesce a vederlo a tiro fa un salto per provare ad acciuffarlo. Evidentemente invano. L'uccello sembra stremato e quando vede la ragazza apparire sull'uscio, si fionda su di lei lanciandole una lettera in testa, quindi fugge via da dove è entrato. E' un rumore sordo quello che subito si ode, tanto che poco dopo il pensiero che aleggia nell'aria è che il caminetto si sia inghiottito il povero animale notturno!
Francesca P. è senza parole, pietrificata, quasi non respira e con occhi incantati continua ad osservare i suoi gatti che ora annusano l'ultimo posto dove hanno visto il volatile. Tra le sue mani il cucchiaio di legno che sarebbe servito come arma per difendersi e una lettera di carta spessa sigillata da una medaglia di cera rossa. C'è il suo nome sopra."

<<Quindi tu vuoi dirmi che l'invito t'è arrivato via gufo!>> alza gli occhi al cielo Angela.
<<Sì, in effetti sì! M'è arrivato via gufo! Credi che non ci sia rimasta di stucco anch'io? Credi abbia perso il senno?>> alza un po' la voce Francesca P., poi però recupera la sua eleganza e un po' sorride, quindi pensa a qualcosa e poi chiede <<A te com'è arrivato l'invito?>>.
<<Il mio è stato assolutamente normale!>> risponde con calma Angela.

"La descrizione di un attimo parte piano alle 6.30 di ogni mattina. Angela l'ha impostata come sveglia, sapendo che non avrebbe potuto sceglier melodia più bella.
Quella mattina il suono si diffonde come un'aura calda, invogliando anche la piccola di casa a svegliarsi presto. Alissa ha già preparato pancakes e waffle e ora sta infornando gli ultimi croissants. Un profumo inebriante invade la casa, rendendo l'aria leggera e positiva.
Angela bacia dolcemente la sua bambina e dando il primo morso al suo cornetto sfogliato, le fa un occhiolino d'apprezzamento. La colazione scorre veloce; c'è tanto da fare e una applepie da preparare. Tutti gli ingredienti sono in fila, il tavolo è sgombro d'ogni altra cosa e quattro mani sono già all'opera tra pesi, misure e mele da sbucciare.
La bruna cannella sporca i nasi, la farina si posa sui capelli, ma all'ora di pranzo una profumatissima torta è pronta e come tanti anni prima facevano le nonne, ora è sul davanzale a raffreddarsi.
Un fischiettio si sente in lontananza, Angela non resiste e comincia ad imitarlo. Le ricorda qualcosa ma non riesce a focalizzare cosa. La melodia si fa sempre più vicina, quando d'un tratto si sente suonare il campanello di casa. Due volte.
La piccola di casa si lancia ad aprir la porta e dopo pochi minuti ritorna in cucina dalla mamma con una grossa busta in mano per lei e la notizia che il postino è in ferie: questo è un sostituto. Ha un nome strano e difficile da ricordare ed è basso come un nanetto."

<<Certo, il tuo invito è arrivato in modo assolutamente normale!>> si fa sarcastica Francesca P..
<<Volete sapere invece a me com'è arrivato?>> chiede Michela.
<<No, no... prima io!>> fa Manuela.
Le altre restano interdette, non sanno che rispondere, quindi nel dubbio tacciono.
Manuela non aspetta oltre e batte i talloni, toccandoli due volte, poi dice:
<<Così m'è arrivata!>> e ripete il gesto con i piedi.
Le tre non capiscono ma sgranano gli occhi, allora Manuela fa spallucce e inizia a spiegare.
<<Era pomeriggio, un paio di settimane fa, batto i tacchi tra loro e mi cade in testa un busta!>> racconta senza pathos <<Non so da dove sia sbucata... ricordo solo che ero al parco e avevo le Converse rosse ai piedi!>> conclude.
<<Ok...>> fa Michela <<... ora vi racconto la mia?>> dice con occhi luminosi.
<<Sì, certo! Dicci!>> fa FrancescaP., mentre Angela annuisce e Manuela piega la testa di lato in attesa.
Michela si sporge un po', poi stringe gli occhi per ricordare e d'un tratto dice soltanto:
<<...era il fantasma del Natale passato... o presente... no, non ne sono sicura!>>.
Si morde il labbro e pensa ancora, poi aggiunge <<Ok, non lo ricordo... so che una mattina appena sveglia, ho trovato la busta sul comodino... - riflette - ...ricordo di aver pensato ch'era stato tutto un sogno!>>.

***

La storia non è ancora terminata... prosegue qui!

***

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NOTA: I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi raccontati sono frutto della fantasia dell'autore, pertanto eventuali riferimenti a fatti e/o persone (laddove non specificato e se già in pertinenza richiesto agli interessati) è puramente casuale. Questo testo è di proprietà dell’autore ed è protetto dalla legge sul diritto d’autore n.633/1941 e successive modifiche. Come da disclaimer presente in "A piedi nudi nel Cafè Littéraire" ne è vietata ogni riproduzione, copia, pubblicazione o redistribuzione totale o parziale previa richiesta all'autore stesso.


domenica 24 maggio 2015

Dietro una porta

Le ragazze si dividono in gruppi senza fiatare. Le prime a scomparire sono Francesca P., Manuela, Angela e Michela che avevano scelto la porta al centro. Seguono a ruota An, Vanessa, Elena e Valeria che si chiudono la porta di sinistra alle spalle. Quindi è il turno delle ultime: Mary, Silvia e Francesca, le quali si accingono a varcare quella di destra.

La strada centrale è sempre più sicura sta pensando Michela seguendo il filo dei suoi ragionamenti. Difatti tira un sospiro di sollievo guardando davanti a sé il lungo corridoio illuminato dalle numerose finestre.
<<Com'è che qui c'è così tanta luce?>> interrompe il silenzio Manuela.
<<Siamo in pieno giorno! E' normale ce ne sia!>> le fa eco Angela.
<<Manu ha ragione! Questo corridoio ha finestre su entrambi i lati: com'è possibile?>> chiede Francesca P..
<<Probabilmente l'edificio ha un giardino interno attraversato solo da questa lunga via piena di vetri!>> prova a razionalizzare Michela.
<<Ok, ok è possibile! Ma sono certa che An si starà domandando quale assurdo architetto ha progettato questa villa!>> risponde ironica Manuela.
Scatta la risata generale che viene però immediatamente smorzata da un rumore improvviso. Come se qualcuno stesse battendo a tempo un'asta su un scatola di legno vuota. Un rumore molto simile ad un timer meccanico.
<<Cos'è questo... questo... cos'è?>> sgrana gli occhi Michela, dopo aver preso il braccio di Angela.
D'improvviso un orologio gigantesco, di quelli a cipolla, alto da pavimento a soffitto si vede rotolare verso le ragazze. Pesante, minaccioso e sempre più veloce.
<<Presto, tutte contro il muro!>> urla Francesca P..
<<Vedi come il Tempo ti si rivolta contro quando sei sempre in ritardo?!?>> grida senza un senso Manuela.
Angela la guarda torva, mentre Michela si toglie una scarpa sotto gli occhi increduli delle altre.
<<E' per rompere i vetri e saltar giù, proprio come ci ha consigliato Mary prima di dividerci!>> risponde lei per spiegare le sue intenzioni.
Manuela non se lo lascia ripetere due volte, così sfila via il pesante stivale del piede destro, pronta a scagliarlo. Francesca P. fa per aprire la tenda più vicina per aiutare l'amica. L'oggetto minaccioso a forma d'orologio si avvicina ancora e ad ogni metro sembra più pericoloso.
<<Ragazze sbrigatevi, rompete quella dannata finestra!>> grida Angela, raggiungendo le altre dalla parte opposta del corridoio.
Quando le quattro si voltano per guardare oltre la tenda si rendono conto con sgomento che quella che stanno per prendere d'assalto non è una finestra, ma un uscio ch'era rimasto nascosto. L'urlo spaccatimpani di Michela mette tutte in panico, così con una spallata sincronizzata Manuela e Angela riescono ad aprirlo facendo passare le altre e lanciandosi dentro in pochi secondi. La gargantuesca cipolla passa roboando. Francesca P. fa in tempo a notare sul quadrante l'enorme faccione di un coniglio col panciotto prima che Michela sbattesse la porta isolandole dall'inquietante ticchettìo.

Appena varcata la soglia della porta a sinistra, Vanessa, An, Elena e Valeria si accorgono dubbiose che le attende una scala in discesa.
<<Ah, bene! Questo architetto è un genio! Dall'ingresso alla cantina in via diretta!>> fa notare con sarcasmo An.
<<Sarà una porta di servizio... chissà che non porti altrove, invece! Una cantina sì, ma magari piena di vini d'annata!>> conclude il pensiero Elena sorridendo.
<<Ecco, magari un po' d'alcool rimetterà tutto nella giusta prospettiva!>> sbuffa Vanessa <<Dove siamo capitate?>> continua, dando voce ad un pensiero comune.
<<Oh, che pappamolli! Forza! Scendiamo e vediamo cosa ci attende!>> si fa spicciola Valeria, che ormai scende già la seconda rampa.
Lo spazio è ben illuminato da lampade dai colori caldi. Il soffitto è ad arco e a mano a mano che le giovani scendono sembra riempirsi di verdi muschi e piante. Dopo pochi minuti infatti, l'ambiente comincia a cambiare inselvatichendosi. Piante d'edera s'arrampicano sulle pareti che ora sono di pietra viva e non più stuccate, piccoli fiori viola si attorcigliano sul corrimano di bronzo e delicatissime campanule celesti scendono giù dalle lampade in alto rendendo il luogo di passo in passo sempre più incantato.
<<Ok, è pieno di muffa!>> fa An, che è in coda alla fila.
<<Muffa?>> sgrana gli occhi Elena <<Queste sono piante rampicanti rarissime...>> spiega lei esperta.
<<... muffe, rampicanti... che differenza vuoi che faccia? Quel che ho capito è che siamo in un posto parecchio umido e che l'architetto non ha pensato di adoperare materiali adatti!>> spiega saggiamente An.
<<Perché ce l'hai tanto con l'architetto? Magari chi ha costruito questo edificio non ha nemmeno chiesto il parere di un architetto!>> fa notare con sincerità Vanessa.
<<Mah, non so se sono più tentata di fargli causa o stringergli la mano!>> risponde dubbiosa la prima.
<<Ragazze, la situazione si complica!>> alza un po' la voce Valeria per farsi sentire da tutte <<Qui è pieno d'acqua!>> conclude dal capo della fila.
<<Visto? Vi avevo detto che era muffa! Altro che rampicanti!>> cantilena An, alzando gli occhi al cielo.
Le altre tre che le danno le spalle accennano un sorrisetto, ma non rispondono.
Una volta alla fine della scalinata, tutte si accorgono che ciò di cui parlava Valeria non era semplice umidità, ma una vera e propria distesa d'acqua. Gli si para davanti uno spettacolo degno delle più belle favole. La grotta sotterranea sembra essere completamente ricoperta di pietre preziose che riflettono il movimento delle acque blu cobalto. L'effetto è scintillante e riempie gli occhi delle giovani lasciandole senza fiato.
<<Oh, quanto vorrei la mia Reflex, ora!>> commenta lamentosa An.
<<Anch'io!>> concorda Valeria senza battere le ciglia per non perdere l'immagine.
Dopo qualche minuto di stupita contemplazione, Elena fa notare che per andare avanti sarebbe stato necessario bagnarsi. An non ci sta: lei vuol tornare indietro e "dirne quattro all'architetto". Così, nell'attimo stesso in cui tutte si decidono a voltar le spalle a quella meravigliosa distesa brillante - seppur vicolo cieco - Vanessa si accorge che la scalinata da cui erano arrivate non c'è più.
<<Non è possibile!>> commenta Elena.
<<Ci siamo spostate e non ce ne siamo rese conto!>> razionalizza Valeria.
<<Credete a me: la colpa è dell'architetto!>> si ostina An.
<<Ragazze non ci sono vie d'uscita!>> conclude triste Vanessa dopo avere ispezionato le pareti circostanti.

Mary, Silvia e Francesca sono state le ultime a scomparire dietro la porta destra all'ingresso della villa.
In testa alla fila la riccioluta e caparbia Mary apre la strada e senza pensare comincia a salire.
<<Ah, bene! Di qui si va di sopra, quindi!>> commenta Silvia.
<<Questo vuol dire che non potremo rompere vetri e scappare?>> chiede stridula Francesca.
<<Franci-cuor-di-leone non preoccuparti! Tutt'al più lotteremo contro camere da letto, divani e pouf!>> ride Mary.
<<Ridi, ridi! Voglio proprio vederti capitombolare giù da un primo piano mentre strani esseri ti rincorrono>> si fa cupa Francesca.
<<Quali strani esseri?>> domanda Silvia, per poi continuare <<E poi non star lì troppo a pensarci: non ti lancerai da un primo piano... - sorride - ...stiamo ancora salendo, quindi il salto sarà molto più pericoloso!>> conclude visibilmente divertita.
Mary che ormai è in cima chiama le altre a gran voce dicendo loro che l'ultima scaletta si conclude con una porta a soffitto.
<<Sarà il tetto>> spiega poi, facendo spallucce.
Temendo di doverci mettere più forza del necessario, Mary si prepara a spinger la botola, si rende però conto subito che è molto leggera. Grazie ad una rapida mossa l'anta di legno compie mezzo giro e si appoggia dall'altro lato, aprendole un varco luminoso. Pochi gradini e un bel vento caldo scompiglia la nera e voluminosa massa di capelli di una Mary ormai senza parole.
<<Ehi, lassù! Che succede?>> chiede curiosa Silvia.
Qualche secondo per assaporare ancora il profumo inebriante dell'estate e Mary risponde:
<<Venite! Non c'è alcun pericolo! E' il tetto!>> grida da sopra.
Silvia non si lascia pregare e con un abile salto si porta fuori alzando gli occhi al cielo per godersi il vento. Francesca ancora restìa sale piano i cinque gradini che la separano dalle amiche, mettendo un po' fuori la testa. Resasi conto che il panorama è mozzafiato si convince a venir fuori, superando ogni remora.
<<L'ultima chiuda la botola! Sarebbe pericolosa, altrimenti!>> dice Mary, chiudendo gli occhi a fessura verso Francesca.
Rossa in viso, quest'ultima si affretta a far ciò che le è stato chiesto, non prima di aver lanciato uno sguardo di disapprovazione a nessuno in particolare.
Ora che le tre ragazze possono guardarsi intorno si accorgono che da quell'altezza è visibile il folto bosco dal quale solo mezz'ora prima erano arrivate Francesca P. e Manuela sul loro maggiolino. La macchia verdeggiante circonda lo spazio per i due terzi, l'ultima fetta di panorama è occupata dal mare. Tutte assieme fanno qualche passo in quella direzione, lasciandosi la botola alle spalle, sapendo che quell'esplorazione non avrebbe portato frutti. Il richiamo di quell'inebriante aria di mare mista al profumo di pino è però più forte e spinge Silvia, Francesca e Mary a trattenersi sul tetto più del dovuto.
<<C'è un'aria meravigliosa quassù!>> respira a fondo Silvia.
Mary sta per replicare, ma il suo sorriso viene interrotto dal volto pallido di Francesca che ora sembra paralizzata.
<<Franci, cosa c'è?>> le chiede, sentendo un rivolo gelido attraversarle la schiena.
Francesca non riesce a rispondere, ma tende il braccio oltre le spalle delle compagne, indicando qualcosa. Le altre due fanno in tempo a girarsi, quando un coloratissimo ma non meno minaccioso pterodattilo (???) punta in picchiata verso di loro.
<<Giù... state giù!!!>> urla Silvia, lanciandosi su Mary.
L'uccello si allontana subito dopo averle superate, ma con una virata si riporta verso di loro. Silvia si rimette subito in piedi e non riuscendo più a trovare la botola d'ingresso, prende per un braccio Francesca facendosi aiutare da Mary e punta verso una piccola costruzione più in là lungo il tetto. Sembra essere un riparo sicuro.

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Non vorrete mica perdervi gli sviluppi?

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sabato 23 maggio 2015

Intrecci

Ha il colore del mare. Il suo maggiolino ha il colore del mare all'alba. E' turchese con venature rosa ruggine date dal tempo. Forse non è il più bello del mondo, ma è suo e la porta dove vuole. Un sorriso a salutare i raggi del sole che filtrano tra gli alberi e un sospiro lieve pensando a quanto sia rilassante quella strada sterrata piena di verde.
Francesca P. viaggia a velocità sostenuta e si gode il paesaggio. Accanto a lei dorme Manuela, la quale subito dopo uno scossone dato dalla strada dissestata, alza la testa e si rivolge alla compagna.
<<Siao aiiate?>> dice a bassa voce con la bocca impastata.
<<Che?>> si fa spicciola Francesca P..
<<Siamo arrivate?>> si corregge Manuela.
<<Manca poco. Qualche minuto ancora, penso... il dramma è che il navigatore ha smesso di funzionare quache kilometro fa, quindi non saprei dirti esattamente quanto tempo anco...>> Francesca P. non termina la frase che Manuela prorompe <<Ecco! Ecco! Guarda lì! Siamo arrivate!>> e sorride indicando un punto al di là degli alberi sulla sua destra.
Francesca P. segue la curva e in pochi secondi si staglia loro davanti un grande edificio coloniale color crema. L'unico nei paraggi.
<<Dev'essere quello, il posto!>> dice un po' a se stessa Francesca P..
<<Certo che sì!>> Manuela non riesce a nascondere l'eccitazione <<Dai, dai... ingrana la marcia! Non vedo l'ora di scendere!>> aggiunge.
Il maggiolino punta verso la verde cancellata e con un'agile manovra si parcheggia accanto ad una Prius blu. Un po' più avanti, rivolto al portone d'ingresso, c'è un gruppo di donne in piena conversazione. Hanno tutte un'aria familiare e gradevole. Sembrano sorridenti, alcune in fibrillazione. Francesca P. e Manuela scendono dall'auto e fanno per chiudere le portiere. Silvia è la prima a girarsi accorgendosi di loro ed anche la prima a parlare.
<<Eccovi, finalmente!>> proprompe sorridendo di gusto.
<<Vi aspettiamo da almeno mezz'ora!>> si unisce alla risata An.
<<Mezz'ora? Vorrai dire almeno due ore!!!>> continua Angela con un'improbabile serietà.
<<Ok, ok... siamo qui da ieri, ma non vogliamo farvelo pesare!>> conclude lo scherzo Vanessa facendo l'occhiolino.
<<Oh, ma che importa... venite qui, fatevi abbracciare!>> ora è Elena a parlare, visibilmente commossa.
Francesca P. è un po' stordita, ma si lascia salutare con calore da tutte. Manuela invece con gran forza vitale si lancia a baciar le altre sulle guance, quasi non le vedesse da mesi, portando un sorriso così coinvolgente da suscitare un'immensa ilarità generale.
Poi un fischio improvviso zittisce le donne immediatamente.
E' Mary a parlare, non prima di essere arrossita completamente.
<<Ehm... scusate...>> alza il fischietto come a voler giustificare il rumore assordante <<...non sapevo come attirare la vostra attenzione!>> ora sorride e rendendosi conto di aver catturato l'attenzione continua <<So che siamo tutte qui per una ragione, è una sorpresa anche per me trovarmi assieme a voi. In sincerità non me l'aspettavo! Ma una domanda nasce spontanea...>> qualcuna tossisce, quancun'altra si guarda le unghie, ma Mary porsegue coraggiosa <<...qualcuno sa perché siamo qui? Sì, insomma, conosciamo davvero la persona che ci ha invitate? Guardatevi intorno: siamo praticamente in mezzo al nulla!>> e apre le braccia indicando il vasto spazio vuoto che le circonda.
<<A dire il vero anche io mi sono posta la stessa domanda>> sopraggiunge Francesca <<tra l'altro io son stata la prima ad arrivare. Ho anche bussato al portone, ma non ho ricevuto risposta! Che senso ha farci venir fin qui e poi non presentarsi?>> conclude dubbiosa.
Si accende un brusio di sottofondo tra le astanti, le quali inorridiscono al pensiero di essere state gabbate, perdendo completamente l'allegria che fino a poco prima le accomunava. Poi una voce tra le altre si alza ben definita.
<<Ragazze, guardate la porta!>> urla Michela, invogliando tutte a voltarsi verso l'edificio coloniale <<E' aperta!>> conclude sgranando gli occhi.
Il vociare ora è insistente, ognuna ha qualcosa da dire, tutte vogliono spiegare, ma la realtà è che nessuna di loro sa esattamente ciò che sta accadendo. Frasi sconnesse si alzano impetuose, ma completamente inutili. Chiamiamola si sente inveire, non c'è campo qualcun'altra prosegue, andiamocene azzarda un'altra. Così, mentre si cerca di capire come muoversi, c'è davvero chi prende l'iniziativa e si dirige a passo deciso verso l'ingresso del grande palazzo, sfidando così la sorte o probabilmente facendo la cosa più sensata in quel contesto.
<<Vale, cosa fai?!>> le va dietro Mary.
<<Cosa faccio?>> risponde Valeria senza voltarsi <<Faccio ciò per cui son venuta qui oggi: entro e vedo cosa vogliono da me!>> e prosegue salendo i tre scalini che portano all'ingresso principale.
<<Aspettatemi, vengo anch'io!>> non si lascia pregare Francesca P..
<<Ok, ok... sono curiosa come un gatto>> ora saltella Manuela, seguedole a ruota.
E una dopo l'altra, anche tutte le altre si lasciano convincere da quel primo gesto impavido. A mano a mano si raggruppano tra le colonne che sorreggono l'architrave arzigogolato guadagnando la fresca ombra sotto il porticato. Valeria, in testa al gruppo, si accinge a spingere la grande porta bianca.

Qualche secondo per abituarsi alla penombra, Valeria fa qualche passo verso l'interno per far entrare tutte e tornato il silenzio, da fuori si ode la vocina di Francesca.
<<Bene, ragazze! Andate pure. Io e Michelina vi guardiamo le spalle!>> poi continua <<Non preoccupatevi per le vostre auto, ci pensiamo noi!>> e si schiarisce la voce, pensando sembrasse troppo stridula.
<<Sì, noi... ehm... guardiamo le auto!>> aggiunge con seria convinzione Michela.
Angela esce sul portico nuovamente e con un gran sorriso poggia le mani sui fianchi. Poi si rivolge alle due giovani <<Non avrete mica paura?>> dice.
<<Chi, noi?>> rispondono in coro e un po' troppo in fretta Francesca e Michela.
<<E' più saggio che qualcuno resti fuori...>> si fa forte Michela.
<<Certo!>> continua Francesca, per dar man forte all'altra <<Altrimenti come fate a sapere dov'è l'uscita, poi?>> quindi si corregge <<Insomma, come fate a capire sul serio che siete entrate di qui... potreste uscire da tutt'altra parte e non avere riferimenti!>> ma ormai il panico nella sua voce la tradisce, oltre al pretesto senza fondamento appena utilizzato.
Angela sorride e guardando prima una e poi l'altra fa una cosa che nessuno si aspetta. Chiama a gran voce il nome di Mary, che di corsa vien fuori, quindi facendole l'occhiolino le manda un messagio che nessun altro capisce. Quindi si dirige verso le due pavide pulzelle e rivolgendosi a Mary dice <<Io prendo la secca, tu buttati sulla smilza!>>.
Michela e Francesca non capiscono subito cosa sta accadendo, ma se ne accorgono troppo tardi, quando con uno strattone si sentono tirare prima un braccio e poi issare in spalla. Sono inutili le urla e le imprecazioni, in pochi secondi vengono messe giù sul pavimento di marmo dell'ingresso dell'enorme villa.
Un tonfo sonoro avvisa tutte che la porta è stata chiusa lasciandole al buio.
<<Suvvia, che volete che sia! Cerchiamo qualcuno e facciamola finita!>> si fa audace Vanessa avanzando a tentoni in cerca di un interruttore.

<<Qualcuno mi spiega come mai in pieno giorno non filtri un solo raggio di sole dalle alte finestre che si vedevano da fuori?>> chiede astutamente An.
<<Oh, dai... ci sarà un motivo>> spiega Silvia <<forse ci sono dei pesanti drappi o delle tende a coprire e da fuori non le abbiamo notate!>>.
<<Ok, interruttore... interruttore... dove sei, dove sei?>> è alla ricerca Manuela.
<<Pauuuuura!>> fa con voce grave Francesca P. prendendo in giro tutte.
<<Ooooh, smettila Franci!>> dice Michela poi aggiunge <<Luce, serve solo un po' di luce!>>.
D'un tratto la sua richiesta viene esaudita e una calda e accogliente lampada si accende immediatamente. Le undici donne stringono gli occhi, per poi abituarsi quasi immediatamente all'atmosfera.
Sopraggiunge quindi la delusione. Sono in un inusuale ingresso formato da quattro pareti. Una è quella dalla quale sono entrate attraverso la grande porta bianca, le altre tre pareti ospitano anch'esse delle porte. Una per ogni lato.
<<Qualcuno mi spiega quale architetto progetta una villa esteriormente così tanto figa e poi appena si varca l'ingresso spara in faccia agli ospiti tre porte, anziché un enorme sala piena di respiro?>> domanda per la seconda volta An a nessuno in particolare.
<<Beh, dobbiamo dividerci>> si fa pratica Mary <<Francesca P. tu vai con Michela, Manuela e Angela>> poi si porta il pollice e l'indice tra gli occhi, come a riflettere, quindi continua <<Vanessa, tu andrai con An, Elena e Valeria. Io invece mi prendo Francesca-braveheart e Silvia>> conclude.
<<Meglio suddividere le... ehm... forze>> aggiunge Mary prima che le altre potessero profferir parola.
<<Ok, ok... allora noi prendiamo la porta di mezzo!>> saltella Manuela.
<<Dato che siamo qui, noi prendiamo quella si sinistra.>> prosegue Elena.
<<Bene! Allora noi andremo a destra!>> chiude il cerchio Silvia.
<<Ragazze mi raccomando, questo è un piano terra... se avete problemi rompete una finestra e correte fuori!>> spiega con calma Mary, che sembra aver preso in pugno la situazione.

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Non perdetevi il seguito!

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Questo post prende spunto da un'idea di Miki Moz.
NOTA: I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi raccontati sono frutto della fantasia dell'autore, pertanto eventuali riferimenti a fatti e/o persone (laddove non specificato e se già in pertinenza richiesto agli interessati) è puramente casuale. Questo testo è di proprietà dell’autore ed è protetto dalla legge sul diritto d’autore n.633/1941 e successive modifiche. Come da disclaimer presente in "A piedi nudi nel Cafè Littéraire" ne è vietata ogni riproduzione, copia, pubblicazione o redistribuzione totale o parziale previa richiesta all'autore stesso.