lunedì 26 febbraio 2018

[Intervista] CestaroEnrico

Siedi, ti prego, qui di fronte a me.
Chiudi gli occhi.
Assapora la luce sul viso, ascolta il frusciare leggero delle pagine mosse da uno spiffero.
Aspetta, chiudo la finestra.
Senti il profumo del legno? La morbidezza della seduta, la frescura della pelle sotto le tue mani?
Se sei a tuo agio, sei pronto per rispondere alle mie domande.

1) Hai scelto la Classic Room per un motivo specifico. Sai descrivere esattamente cosa ti ha mosso verso questa stanza? Perché non un'altra?

Ad un primo pensiero potrebbe sembrare che la modernità ed il progresso siano destinati a cancellare tutto ciò che il passato ha da offrirci, eppure più scorre il tempo più sono le persone che vanno in cerca di un qualcosa di vecchio, di consolidato, un qualcosa di tradizionale che la novità non cancellerà mai.
Il legno non potrà mai essere sostituito dal metallo, la carta non verrà mai spazzata via dal digitale, e nessuna città ultramoderna sarà mai bella quanto una Parigi o una Londra in un quadro neoclassicista.
Il Classico è un'idea, un concetto perfetto, è quel bello irraggiungibile che trasuda eleganza e freschezza, è la comodità, è la bellezza ed il benessere.
E a me piacciono le cose belle e comode.
I colori caldi, le stoffe ed i mobili pregiati mi fanno sentire a casa, mi fanno capire quale vorrei fosse il mio posto.

2) Ho una curiosità. Se dovessi parlarti di "stile" e tu dovessi spiegarmi il tuo, quali sarebbero le parole che adopereresti per descriverlo? E le primissime sensazioni legate ad esso? Quanto hai studiato per raggiungere il livello stilistico attuale? Ne sei soddisfatto?

Il mio stile? Eterogeneo.
Estremamente analitico, e talvolta puramente emotivo.
Lo scrittore migliore deve saper scrivere di qualsiasi cosa, ed io ho provato a scrivere tutto, e la cosa mi ha fatto crescere; non l'avrei mai detto, ma tentare di scrivere una storia d'amore ti rende capace di scrivere anche di guerra, come scrivere di mistero conduce al fantasy e al dramma.
Tuttavia, devo ammettere che ciò che preferisco in assoluto trattare è lo studio della psicologia di un personaggio, e pongo particolare attenzione ai dialoghi, ai termini che usano, al realismo dello scambio di battute tra due persone che si incontrano per la prima volta e che diventeranno inseparabili.
E il pensiero. Il pensiero è tutto. Se potessimo trascrivere ciò che ci passa per la mente, come sarebbe? La mia testa produrrebbe una storia costante, un continuo pensiero su ciò che sta accadendo, su ciò che potrebbe conseguirne, o su come le cose sarebbero potute andare a finire. E lo si vede in ciò che scrivo.
Non tutte le mie storie contengono i pensieri dei personaggi, non tutti i miei personaggi hanno voglia di dire ciò che provano, e alcuni sembreranno assolutamente incomprensibili, e va bene così. Li rende vivi.
Mi piace descrivere i dettagli più insignificanti, ma anche creare scene dinamiche in cui tutto avviene talmente in fretta da stordire chi legge alla stessa maniera dei personaggi della storia, passo dal perdermi nella descrizione di una stanza, dagli angoli impolverati delle mensole dove la governante non ha spolverato per ripicca verso il padrone di casa che non l'ha salutata la mattina, a poche righe che riassumono la vita di una persona.
Ho delle abitudini che non mi abbandoneranno mai, e tra queste vi è il nascondere la reale natura della storia che ho intenzione di raccontare, e di svelarla solo da metà racconto in poi, perché se c'è qualcosa che davvero non posso sopportare è la banalità.
Il mio studio è basato sul leggere libri di altri (ovviamente) e sul rileggere in continuazione ciò che scrivo.
L'autocritica mi ha portato dove sono oggi, ma se dicessi che sono soddisfatto allora ammetterei anche di non avere intenzione di migliorare. Quindi probabilmente non sarò mai soddisfatto da ciò che scrivo.

3) Senti di potere attingere dal passato? Puoi condividere con noi un estratto della tua opera che possa definirsi frutto del tuo bagaglio esperienziale personale?

Un frammento di storia importante per me, nessuna conversazione, nessun avvenimento, solo un racconto nel racconto.
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"Gli alberi fischiavano. Chi l'avrebbe mai detto.
Erano le corde vocali della savana, le sue labbra d'erba e i denti d'acacia producevano quel suono acuto e allungato che sembrava non possedere né inizio né fine, lo chiamava a sé come un padrone farebbe col proprio cane da compagnia, o come un'amante col proprio amato, preferiva pensare lui, e lo fissava affamata col suo singolo occhio di fiamme che si alzava piano dall'orizzonte, colorando il paesaggio di rosso sangue e poi di un arancio artificiale e freddo, trasmettendogli la sensazione e il dubbio di trovarsi all'interno di un sogno.
La terra fischiava, ma nessuno ascoltava quel suono. Le antilopi, sempre in stato di allerta, che mangiavano a testa bassa e ruotavano le orecchie facendo finta di niente, tentavano di ingannare il vento; ascoltavano, ma non davano all'aria la soddisfazione di girarsi a guardare. Se lo facevano per abitudine, perché continuare a girare le orecchie? Perché non ignorarlo e basta?
(...)
Lo sfavillio di un corso d'acqua qualche chilometro più in basso lo raggiunse, abbagliandolo e infuocandogli il volto.
Da due mesi erano in marcia, una lunga carovana alla ricerca di chissà quale leggenda, giorni passati in silenzio mettendo un piede dietro l'altro pregando di arrivare vivi all'accampamento successivo; l'Africa non li avrebbe perdonati per come la stavano attraversando senza ritegno, senza rispetto, senza fede.
Ma quale fede? Quale delle tante fedi?
Respirò a pieni polmoni, memorizzò l'essenza di quel luogo. L'ultima volta aveva un odore differente, come le altre tappe del loro viaggio.
Ancora sentiva in bocca il sapore del Sahara, sapeva di gomma masticata staccata direttamente dai tronchi aspri e quasi completamente privi di corteccia, sapeva di sete, polvere e sabbia, di cuscus condiviso dagli Imazighen, i Berberi, che li avevano ospitati per due settimane. Portava ancora addosso l'odore del Marocco, e nella memoria non lasciava morire il ricordo dei suoi colori.
Continuava a pensare al Sahel, la Savana Spinosa, che avevano attraversato con così tanta difficoltà.
Ripensava ai leoni, che si avvicinavano sempre di più, e li fissavano pazienti da lontano passandosi la lingua sui baffi e sui grossi canini acuminati e candidi; la loro dieta di morte li teneva in forma. Non sapevano che l'uomo che cacciavano seguiva i loro stessi princìpi alimentari"

4) Qual è il personaggio all'interno della tua opera che ha maggiormente suscitato la tua più preziosa emozione? Riesci a descrivere il momento in cui ne è nata l'ispirazione?

Potremmo discuterne.
Il protagonista è indubbiamente unico, anche se ad una prima occhiata sembrerebbe nato da un'idea banale, ma dal semplice concetto del detective inglese che risolve casi di scomparsa è diventato un investigatore capace di risolvere crimini terreni e non.
Nasce per strada, cresce nella povertà vivendo di piccoli furti, la morte del padre per cui non provava affetto lo cambia per sempre. La madre scompare, e questo lo porta a viaggiare da una parte all'altra del globo, mettendolo in contatto con culture diverse, lingue e paesi dove la magia esiste ancora. Maledetto in Africa, incapace di uccidere, testardo e sempre irrimediabilmente buono, contrario alla violenza e all'omicidio, sempre in cerca di un modo per risolvere la situazione in maniera pacifica. Incapace di impugnare una pistola, non fuma, non beve, non è volgare e ostenta una nobiltà ed una eleganza di sua invenzione che non gli è stata insegnata, e che non è altro che un collage di informazioni che ha raccolto negli anni.
Un personaggio che nasconde più di quanto non faccia trasparire.
E' lui il personaggio che più mi emoziona, ma mi ci è voluto del tempo per svilupparlo, all'inizio era un semplicissimo detective senza personalità. La sua storia lo ha reso ciò che è.
Ciononostante si contende il titolo di miglior personaggio assieme ad una coppia di anziani che a malapena descrivo nel capitolo 15, di loro si sa solo che hanno perso una figlia, e che la donna si ritiene una strega. Eppure, dopo così poco lavoro sul loro passato, seppure compaiano per poco e non facciano altre comparse nel resto della storia, possiedono qualcosa di unico, e lo dimostrano ampliamente quando una volta minacciati non mostrano paura, e non provano nemmeno a difendersi a vicenda. Nascondono una tristezza tutta loro, indescrivibile, che supera tutti i drammi raccontati per filo e per segno nel resto della storia.
E se sono riuscito in ciò che volevo fare, cioè dire qualcosa senza usare alcuna parola, allora posso dire che loro rappresentano i personaggi più profondamente caratterizzati dell'intero romanzo.

5) Vòltati indietro e pensa all'autore che eri un anno fa. Guardalo negli occhi. Cosa ti dice? E tu, come pensi di rispondergli?

Il me passato mi guarderebbe e mi direbbe "Sono uno scrittore eccezionale, a vent'anni ho raggiunto un livello invidiabile e devono solo scoprirmi"
Sarei breve.
Probabilmente gli tirerei un pugno.
E aggiungerei un bel: "Cresci, idiota"

6) Se potessi possedere un solo e unico talento, quale sceglieresti? Perché?

Mi basterebbe saper dire la cosa giusta al momento giusto.
Quante cose sarebbero andate in maniera diversa se fossi stato in grado di farlo ogni volta che occorreva, e dato che sto cercando di ottenere quest'abilità per conto mio saprei già come utilizzare tale talento.

7) Un autore e un'opera (non necessariamente appartenente all'autore che citerai), che ti sono stati di particolare ispirazione nella vita. Chi saresti oggi, se non li avessi "incontrati" sul tuo cammino?

L'autore è Philip Pullman, mi ha insegnato la vera natura del fantasy; lessi la trilogia della Bussola d'Oro (Queste Oscure Materie) ad un'età a cui non avrei dovuto avvicinarmi ad un genere così tetro e profondo, ma i mondi da lui creati e quella sua idea di fantascientifico/fantasy/realistico di cui non si distinguevano i contorni mi hanno aperto gli occhi.
Poi di recente ho scoperto Neil Gaiman, leggendo il suo "American Gods" (e no, non l'ho fatto per la serie televisiva), e mi sono bastate poche pagine per capire quanto ancora avessi da imparare. Poche pagine, e ho dovuto cominciare a scrivere qualcosa di nuovo, qualcosa in cui integrassi tutte quelle scoperte così scontate di cui non sapevo ancora nulla. E nasce così Sky and Sand, un'opera nuova per me, con uno stile che non avevo mai provato, ed una trama creata anni prima per la quale non avevo le capacità necessarie ad iniziarla.
Il Caso Maghnet non è il risultato di tutte le mie scoperte, è il frutto di uno sviluppo fatto in parallelo alla mia costante ricerca di qualcosa di nuovo, e lo adoro anche per quello.
Non è la prima volta che affermo che l'opera della quale ho deciso di discutere non è la mia migliore opera, ti stai chiedendo allora perché ti ho proposto proprio questa? Normalmente, una persona comune cercherebbe di mostrare il meglio di sé.
Diciamo questo: Il Caso Maghnet è ciò che sono ora, Sky and Sand è ciò che diventerò, e un'altra opera non presente online, "Il ragazzo che portava il Buio", è ciò che voglio diventare.
Perché questo è ciò che ho in mente per il mio futuro.

8) Hai a disposizione un solo aggettivo per descrivere la tua opera e convincere i lettori ad incuriosirsi. Quale sceglieresti? 
 
Intrigante.
E' un susseguirsi di indizi che sembrano non avere correlazione logica, perché sebbene sia un'avventura fantasy-paranormale con accenni di azione, la storia continua a girare attorno alla misteriosa morte di un uomo, e quello è il filo conduttore della storia.
Quindi si, credo che i lettori non faranno che chiedersi cosa diavolo sia successo, e faranno mille teorie che non si avvicineranno minimamente alla realtà, e va bene così. Significherà che avrò avuto successo nel mio intento.

9) Pensi di poter descrivere l'attimo esatto in cui hai capito di voler essere uno scrittore? Raccontamelo.

Ah!
Beh, considerando che scrivo dalle elementari non è facile, tuttavia pensandoci ... un giorno mi svegliai.
Letteralmente.
Vado a letto la sera, mi addormento, sogno una scena con dei mostri.
Mi alzo.
Mi piazzo davanti al computer e senza dire niente a nessuno, inizio a scrivere.
E ricordo il pensiero: "Dopotutto, perché no? Chi dice che non posso scrivere anche io?"
E lì, realizzai.
Quanti anni e quanta strada da allora, e chi avrebbe mai detto che sarebbe stato così difficile.
Eppure non avrei potuto desiderare una passione migliore.

10) Ultima domanda. Sapresti distinguerti da chiunque altro e darmi dimostrazione del tuo talento nella scrittura? Prego, lo spazio è tutto per te...

Ora ci divertiamo.
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Volevo spegnere il cielo, e questo è ciò che ho fatto.
Non è stato difficile, è strano che nessuno ci abbia mai pensato prima, eppure proprio io l'ho fatto per primo. Molti si chiederanno come è potuto accadere.
Ero stanco, soffrivo, pensavo al giorno dopo e non volevo arrivasse.
Quanta miseria per una persona sola.
Così ho risolto il problema in una maniera tutta mia.
"Se non sorgerà il sole, non dovrò preoccuparmene"
E click.
Ho premuto l'interruttore.
Il sole si è affievolito, è calata l'ombra sul mondo, il sipario si è chiuso e si sono spenti i riflettori, niente applausi agli attori, la scena non è ancora finita. La scena non finirà mai.
Non voglio fiori lanciati ai miei piedi, non voglio recensioni, né voglio fare l'inchino. Che il teatro si svuoti, resterò qui in piedi.
Ora il mondo è buio per tutti, e dopo gli ultimi rantoli del resto dell'umanità finalmente ci sarà il silenzio che cercavo.
Un'ultima parola prima dell'oscurità?
Beh, se volete sapere la mia... cosa? Aspetta.
Aspettate ...
...
...
...
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Strano e deprimente, quello che piace a me.

Grazie infinite per il tuo tempo.

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